Carissimi fratelli e sorelle, con l’avvento del mese di novembre, la Chiesa celebra la Solennità di tutti i Santi e la Commemorazione dei Defunti. Nella doverosa memoria di chi non è più tra noi, la vita ci appare nella dimensione fondamentale: considerazione dei fini ultimi, interrogazione su ciò che viene dopo la morte, sguardo rivolto all’aldilà, al nostro destino eterno. Purtroppo due atteggiamenti svigoriscono questa intuizione validissima, che si esprime nella visita al cimitero. Il pensiero della morte, che coltiviamo specialmente in questo giorno, dedicato al ricordo dei defunti, viene accantonato negli altri giorni dell’anno. La nostra civiltà tende a depistare il pensiero della morte, perché non vuole essere disturbata nel suo sogno di benessere terreno come valore esclusivo per l’uomo, inteso quale soggetto assoluto. L’uomo tende a eliminare dalla propria mente il pensiero che tutto, specie quanto da lui costruito col proprio ingegno e lavoro, debba finire. La memoria dei defunti, inoltre, tende a volte a generare una devozione solo intimistica, che non è in continuità con la pietà autenticamente cristiana, con la preghiera della Chiesa, con la celebrazione eucaristica, con l’intensa partecipazione alla vita di fede e di carità di tutta la comunità cristiana. Carissimi
se vogliamo che il pensiero della morte, nostra e delle persone che hanno avuto un significato e un’importanza nella nostra vita, non venga dimenticato negli altri giorni della nostra esistenza o non generi solo una pietà sentimentale e privata, dobbiamo illuminarlo e purificarlo con la luce che ci viene dalla morte di Cristo. Questa ci dice che la nostra morte è vinta e redenta. Come Cristo attraverso la morte è giunto alla vita, così anche i credenti in Cristo attraverso la morte sono chiamati alla gioia della risurrezione e della vita immortale. La morte per l’uomo è il momento dell’incontro con Dio: è l’inizio della vita che non avrà fine.
( da un omelia del beato Papa Giovanni Paolo II)
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